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Stefano Donatelli al museo Archeologico Nazionale Val Camonica

Stefano Donatelli apre il nuovo anno di attività dell’Associazione
Cividate Camuno sabato 19 settembre alle ore 21, via Roma 29

Stefano Donatelli

Stefano Donatelli

Quest’anno ad aprire la stagione musicale dell’Associazione sarà Stefano Donatelli con un recital pianistico a Cividate Camuno in valle Camonica.
Il ricco programma comprenderà brani di Schumann, Rachmaninoff, Liszt, Gershwin,Botti e Brahms.
Oltre al graditissimo inizio per il nuovo avvio delle attività, l’occasione questa per conoscere i luoghi, la storia e i prodotti della Val Camonica.
Il 19 e 20 settembre 2015 dalle ore 18,00  il Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica di Cividate Camuno invita a MOMENTO  diVINOun’occasione per conoscere e apprezzare il patrimonio archeologico di età romana  accostando la visita del Museo alla degustazione di prodotti tipici del territorio.si celebrano le Giornate Europee del Patrimonio, un’occasione di straordinaria importanza per riaffermare il ruolo centrale della cultura nella realtà sociale italiana.
L’evento si inserisce nell’ambito della storia dell’alimentazione, scelto quest’anno dal Ministero dei beni e delle attività culturale e del turismo, quale filo conduttore di queste giornate, in accordo con il tema di EXPO Milano 2015.

Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica

via Roma 29 Cividate Camuno (BS)
telefono fax 0364.344301
e-mail: museoarcheologico.vallecamonica@beniculturali.it
www.museoarcheologico.valcamonicaromana.beniculturali.it
ORARI APERTURA MUSEO:
dal martedì al sabato dalle ore 8.30 alle ore 19.00
domenica e festivi  dalle ore 8.30 alle ore 14.00
lunedì chiusura settimanale se non festiva
INGRESSO LIBERO

Emozioni al concerto in Santa Giulia

Monastero Santa Giulia

Un leggero brusio generale, qualche animo sospeso nell’incertezza di alcuni aggiustamenti tecnici,e i pochi animi di silenzio calato si spaccano di netto: il primo suono minaccioso e di presagio ‘”Sol diesis” irrompe precipitando all’arpeggio cupo del basso in tonalità minore di Do diesis, e istantaneamente prende corpo l’ immagine di un fantasma quasi inquietante,vagante in una magica atmosfera di suoni ed echi evocativi,poco a poco sempre più coinvolgenti.

Sono le 20 passate da 15 minuti e come ..improvvisate”le note veloci della mano destra, si rincorrono agitate vorticosamente, in quel che, nel lontano 1834 fu composto e destinato ad essere il quarto brano catalogato come opera 66 nella raccolta, e cancellato poi dallo stesso Chopin.

Grazie ad un amico che decise di pubblicarlo nonostante le volontà del maestro, fra i 4 improvvisi è quello divenuto più conosciuto.

         Chopin. Improvviso op.66

Così i pensieri corrono, indagando nel mistero del destino di questa musica, che non avrebbe dovuto esistere e, forse per caso forse no, in questo momento ancora, dopo quasi due secoli, ricrea le ansie e le paure dell’anima agitata di Chopin, turbando il pensiero dei presenti. E la stessa natura di questa “improvvisazione”, dove ogni nota fugge senza possibilità di essere volutamente circoscritta o fermata in questo o quel tempo, rapisce, avvolge e trascina in un vortice di emozioni e immagini, ricordi sfuggenti; esiste nel momento in cui nasce (all’irruente sol diesis) e svanisce nel momento in cui il suono lentamente si perde all’ultimo Do diesis.

Venerdi sera 1 febbraio, tra gli archi e le volte dell’Auditorium Santa Giulia in Brescia le note cristalline del bellissimo Steinway hanno risuonato creando un’atmosfera densa e magica, durata senza interruzione per un’ora e dieci minuti.

Alessandro Maffi ad iniziare con questo improvviso di Chopin, bravissimo nel creare da subito questa sensazione che. interrotta solamente dagli applausi all’alternarsi dei musicisti, riportava alle proprie emozioni sull’iniziare del nuovo brano.

Musicisti”, è il termine solitamente usato, forse un po’ azzardato se coniato su giovani ragazzi che si avvicinano gradualmente all’esperienza concertistica. Entrare nell’olimpo della musica è permesso solo salendo gradualmente il Parnaso, col tempo e con la dedizione. E del monte degli Dei, è arduo misurarne l’altezza.

Ma questi giovani esecutori, venerdi sera hanno saputo fare soprattutto “musica” al di la delle ambizioni personali. “ …dai ragazzi ai ragazzi….” ha asserito durante la conferenza la Dottoressa Berlendis organizzatrice del convegno; “come messaggio …. stimolo per chi crede di potercela fare……”, e nel prender coscienza di questo dramma, della malattia qual’è la fibrosi cistica che colpisce soggetti soprattutto in giovane età, è stato quasi spontaneo, con le giovanissime testimonianze presenti, il crearsi di un clima solidale fatto di valori umani, che sono in sintonia solo con l’essenza più profonda della musica, e come in questo caso di un contesto medico così significativo e “vero”, non possono fermarsi all’esteriorità e alle convenzioni di circostanza.

Sala del “Coro delle monache”

Alla testa dell’Auditorium, dietro al pianoforte i preziosissimi e rinomati affreschi di Paolo da Caylina, nell’edificio costruito nel 400 come “coro delle monache”. Il tema della Crocefissione e della Salvezza riempie di colori e figure sacre, l’intera struttura.
Quale luogo e situazione migliore per sentirsi immersi in un’atmosfera densa di significati artistici, storici ed umani?

Le armonie restituite da un’acustica fra archi e volte hanno fatto il resto completando l’opera.
Così la Fantasia op 49 in Fa minore di Chopin (brano per altro non facile) ha risuonato in tutta la sua magnificenza nel frenetico slancio dei grandi arpeggi verso l’atto, ancora per mano di Alessandro Maffi.

Se, data l’occasione, di coraggio, eroismo e soprattutto speranza si parla, allora queste sono le caratteristiche della Polonaise op. 53 in La bemolle, resa brillantemente in tutta la sua veemenza, anche dove i passaggi si fanno ardui come nella lunga marcia di ottave in crescendo, da Francesco Forlani che ha anche aperto gli interventi della scuola di Danza di Chiari con il Valzer in Do diesis opera 64 sempre di Chopin.

Poi un Preludio e il Valzer in Si minore con la giovanissima allieva Daniela Gatti, che nonostante l’età e i primi passi nel vasto mondo della musica, non si è lasciata troppo intimidire, mantenendo quel che ormai si usa dire: “Self controll” (o autocontrollo per chi crede che la nostra amata storica lingua madre possa ancora meritarsi qualche attenzione almeno di natura affettiva), che le ha comunque permesso di lasciar trasparire una sensibilità musicale verso questo genere di musica.

I colori e le figure del 1400 non dovrebbero aver nulla a che spartire con le forme e le macchie colorate dell’impressionismo, ma l’Arte del suono può trascendere anche questo, e per tutto ciò che ha di magico la musica di Debussy, forse più ancora dell’Arte del colore, non ha limiti di spazio e di tempo, e questa magia può diffondersi nel preciso istante in cui vive il suono, creando atmosfere ed emozioni senza dover disturbare eventi, o identificare luoghi e tempi precisi. Un pò come si diceva poc’anzi anche per Chopin.

Ma in tutto questo oltre all’inconsistenza materiale propria della natura musicale, c’è il genio di Debussy che attraverso sonorità sfuggenti, forme sempre in movimento, luci ed ombre momentanee, crea sensazioni atemporali, emozioni brevi e continue che sfumano quasi sul nascere; a questo si aggiunga tutto il sistema di scale modali arcaiche o medievali, pentafoniche ed esatoniche, evocanti luoghi, riti intrisi di sacralità antiche, per questo pregnanti di sentori remoti e arcani, inconsistenti e rarefatti. Ecco perchè si può essere seduti il 1 febbraio del 2013 in un Auditorium che fu luogo sacro, di fronte ad affreschi del 400 ascoltando musica tutto sommato moderna, ed evocare luoghi, tempi antichissimi che si fondono con le emozioni di fugaci momenti della propria personale esistenza.

Giorgio Magni ha interpretato l’Arabesca N.1, delicato brano con tocco e sensibilità equilibrate,
lasciando che le forme sonore arpeggianti si fondessero fino a perdersi nelle volte di tutta quella che fu l’antica chiesa, per tornare a far vibrare echi e cori lontani.

Giovanni Costa-1890

Alessandro Maffi invece ha eseguito Giardini sotto la pioggia tratto dalle Estampes. Tutti gli elementi della natura sono presenti: fiori, acqua, grandine, luci iridescenti e dorate che si stagliano sull’erba o fra gli oggetti dopo un temporale, alberi e foglie in balia del vento, cupe nuvole in arrivo, tutto dipinto in questo brano in un alternarsi di immagini con tutte le loro particolarità. Ma con la musica, oltre ad evocare “visioni” scure o luminescenti, Debussy riesce sempre a provocare “emozioni”. Tutto ciò che appare ai nostri occhi nel momento in cui vediamo e alla nostra mente nell’istante in cui evochiamo, emoziona. Il vento, il suono di un flauto, il rintocco di campane, gli echi di un canto corale, quando si tratta di Debussy, portano sempre notizie da lontano….nel tempo.

Non sono trapelate incertezze nell’interpretazione di Giorgio Magni nei due studi tableaux di Rachmaninoff; molto particolare il n.9 dell’opera 33 in Do# minore, dove la forza fisica e nervosa è al servizio dell’angosciante nuda crudeltà del dramma. Lì, non c’è possibilità di illusioni! Più che di fronte al pittore russo Kandinsky si ha piuttosto l’impressione di Guernica di Picasso, dove la devastazione psicologica si somma a quella fisica delle macerie della guerra; l’orrore della fucilazione del Goya, e un ansioso crescendo che toglie il fiato e termina lanciando una nota acuta dopo violenti accordi ribattuti. Proprio come immerso in un dramma allucinante Munch lancia il suo Urlo ..!Un groviglio indistinguibile fra paura rabbia o disperazione.

E ancora Francesco Forlani, sempre più coinvolto e coinvolgente, con il preludio opera 23 N. 5 in sol minore. Rachmaninoff non concede nulla: agilità, forza, scatto e precisione nei grandi salti sulla tastiera, tecnica del ribattuto e del crescendo sono i requisiti che il più grande pianista di tutti i tempi richiede ad un esecutore per l’interpretazione di questo pezzo. Rachmaninoff si esegue grazie all’incoscente entusiasmo del ventenne che prende il nome di coraggio ed esperienza in età più matura. L’eroica corsa a cavallo di fieri destrieri, senza incertezze verso aspirazioni che riempiono di ideali e di speranza.
Altri i brani significativi in programma, ma questo è stato il brano conclusivo del concerto che ha trovato immediata risposta del pregevole pubblico di quella sera.

Purtroppo la musica non può più di tanto di fronte a drammi come quello di cui al tema del convegno; certamente l’insostituibile importante lavoro, è designato al ruolo gravoso di responsabilità e dedizione delle diverse eminenti personalità della medicina presenti in sala.
Ma se, come a detta della Dottoressa Berlendis, un messaggio può esser da stimolo e d’aiuto siamo contenti di aver partecipato seppur in minima parte.

L’associazione Rubinstein manifesta le proprie congratulazioni agli organizzatori, ed esprime il compiacimento per la riuscita di questa esperienza significativa, in un contesto molto particolare e in un ambiente di tale prestigio storico ed artistico.

Un grazie sentito anche per il pianoforte Steinway e Sons portato e molto ben preparato dalla ditta Passadori di Brescia, come sempre attentissima nella cura minuziosa dei particolari, segno questo di grande professionalità ed esperienza.

 

Giampaolo Botti

Risposta al messaggio della pagina Facebook ENZO JANNACCI

In seguito al nostro concerto dedicato ad Enzo Jannacci, e tenutosi in piazza Manzoni a Palosco il 29 giugno 2013, la Pagina Facebook degli amici di Enzo Jannacci ci ha dedicato un messaggio di ringraziamento:

Ci teniamo a scrivere anche qui che questa partecipazione e tipo di passione così diretta e sincera sono sicuramente il più bel regalo che si potesse fare sia a noi che ad Enzo. Non ha senso tributare cose se non c’è una reale comprensione e condivisione del sentimento perché quello, è la prima e forse unica cosa che si possa davvero tributare con rispetto, e da quello che abbiamo capito..voi avete impersonato così bene l’anima di Enzo che come dicevamo altrove, siamo certi che lui sia veramente passato fra voi.A guardare i vostri occhi, ascoltare i vostri strumenti e le voci dei vostri piccoli…
GRAZIE GRAZIE GRAZIE..!! A TUTTI!
Per favore ringraziateci proprio tutti, anche colui/ei che eventualmente posava solo le sedie…GRAZIE!

 

La nostra risposta alla pagina degli amici di Enzo:

Grazie ancora al gruppo ENZO JANNACCI per i pensieri e le parole belle rivolte all’Associazione.
Mi sento in dovere di rispondere a questi messaggi a nome di tutti.

Da come esprimete i vostri pensieri si capisce che la sensibilità umana e la disponibilità che aveva Enzo Jannacci non se ne sono andate con lui, ma rimangono vive attraverso voi. Enzo ha iniziato una grande opera e voi la porterete avanti come già state facendo: solo il fatto che la vostra attenzione vada anche verso chi non è in prima linea fa trasparire lo spirito che vi anima, e lo spirito che animava lui.

Enzo Jannacci ha difeso valori umani importanti per tutta la sua vita come uomo di spettacolo e come medico. Ogni testo di Jannacci non è casuale, ha sempre un senso profondo, che ancora dopo anni rimane attuale. E ancor più la sua musica, che dietro alla semplicità rivela una grande professionalità e una sensibilità profonda.
La sua musica, NON È SOLO UNA BELLA CANZONETTA, per divertire un pò. E’ Musica con la M maiuscola.

Vi sono persone che divengono abili artisti, formidabili professionisti che, con il tempo divengono … “protagonisti… di se stessi” mediante il “mestiere” dell’arte.
Quello che fa la differenza è che Jannacci era soprattutto un uomo, con pensieri e intenzioni vere, come i suoi dubbi e le sue convinzioni. La sua profonda sensibilità umana lo spingeva a creare nell’arte della musica, della poesia; e a fare quelle scelte di vita personali, conosciute da tutti, nell’ambito della medicina.
Oltre all’abilità (in questo caso preferirei anzi chiamarla intelligenza) artistica, c’era “l’uomo”.
Ciò che lo spingeva a creare era una forte motivazione interna dettata dalla sua grande sensibilità e umanità.

Oggi abbiamo un Papa, Francesco, molto “sentito” dalla gente. Soprattutto i meno fortunati sentono questa sua vicinanza, e … soprattutto quando chiede, con forza e così spesso al mondo, di non rimanere indifferenti e insensibili di fronte alla povertà, al dolore.
Non riesco (e voglio) pensare che nessuno riesca a credere che queste parole semplici, limpide, che tutti possono capire, siano solo una bella predica.
Dietro alla semplicità sta una grande sensibilità umana. Dentro a una apparente semplicità che “arriva a tutti” sta un grande uomo, con un grande senso di responsabilità, che ha da dire grandi verità, anche allarmanti e sconvolgenti .
E proprio per questo arriva a tutti.

Non riesco a credere che « lasa sta’… che l’è roba de barbun » o « … guarda più in alto se c’è l’aereoplano, puzza di guerra, per molti niente di strano… » siano solo belle parole… solo canzonette.

Grazie ancora a voi.
Grazie a Enzo Jannacci.

– Giampaolo Botti

Suoni e Armonie 2014 “Fra Italia e America”

 

Concerto di musiche Italoamericane

Little Italy - New York Manhattan 1900 circa

Little Italy – New York Manhattan 1900 circa

Domenica 1 giugno – Sala piena e pubblico entusiasta al concerto di musica Italoamericana.

Bis richiesto caldamente da tutto il pubblico presente, nonostante il caldo, dopo circa un’ora e un quarto di musica.

Un pò di commozione in alcuni brani dai “vecchi ricordi”, alcuni entusiasti per i brani americani come Someday, il difficile pezzo cavallo di battaglia di Della Reese, una delle più grandi interpreti del Jazz, e rielaborato da Mina ritenuta la più grande interprete di questo brano anche dai critici più severi.
Nell’auditorium gremito di Piazza Castello la voce di Elisabetta Martinelli ha vibrato per tutto il concerto suscitando emozione, e a tratti anche qualche brivido, nonostante la varietà di stile, e genere dei brani.
Il gospel “The battle of Jericho” della leggendaria Mahalia Jackson ha entusiasmato all’istante gli ascoltatori grazie anche al coretto dei bambini che han messo tutta l’energia che avevano in corpo. L’elaborato accompagnamento ritmico ha fatto il resto.
Celentano e Jannacci fanno pensare, e dopo i brividi intanto che li suoni, resti come ammonito durante l’applauso che quasi non senti, ……ti ci vuole un attimo e un lungo respiro per “ricordarti che sei in scena”.
E di “Tu vuò fa l’americano”, l’elaborazione pianistica e prolungata per oltre quattro minuti, l’ha trasformato in un brano “da concerto” impegnativo sia per l’esecutore “Stefano Donatelli” che per l’ascoltatore.
Quando l’ho scritta, un pò di timore che fosse un pò “fuori luogo” non nascondo di averlo avuto … ma le mani di Stefano Donatelli convincono alla grande, e il pubblico ha confermato che quando la musica è bella, o quanto meno, quando cerchi di farla con passione al meglio che puoi, (perchè ci credi veramente), difficile o no , non ha orizzonti o limiti.
Poi è ovvio che, chi ha vissuto quei momenti e quel periodo, non può altro che emozionarsi; ma c’erano anche diversi giovani fra il pubblico e questo fa ancora più piacere.
Insomma, il tempo passa…! Ma per certi capolavori si è fermato…!
Bravi anche Marco Grassi, Daniela Gatti, Martina Cotelli, e Giulia Plebani che oltre a domenica, da giorni si stanno esibendo in diversi saggi e concerti con Chopin, Debussy, Granados.

EmigrantiIl bis è stato voluto insistentemente dal pubblico, e non avendolo preparato, c’è stata quasi obbligatoriamente (di necessità virtù) un’improvvisazione pianistica e un “venitemi dietro…alla Jannacci” con il brano “parla più piano” dal film “il Padrino 1…” ambientato in America, con Marlon Brando, Robert de Niro, Al pacino, musica di Nino Rota (italiano), tanto per essere in tema.

Peccato che il concerto ad un certo punto finisce!….ed è quello che han detto in molti domenica scendendo le scale; ogni tanto, non sempre, qualche volta succede….ma: “…di domani in domani lo spettacolo si rinnoverà” come diceva il grande Enzo.

Un grazie a tutti gli esecutori, Mario Martina (a lui basta rammentare il tema di un brano e il resto è fatto), Alessandro Maffi, al coretto, al narratore Francesco Furore; grazie in modo partcolare ad Elisabetta protagonista della performance, ed a Stefano , senza il quale sarebbe mancata una delle “colonne portanti”…! Ma soprattutto grazie ancora a tutto il pubblico intervenuto, per il calore e il consenso dimostrato.
Questo, è quel che ti aiuta a capire che, nonostante le difficoltà, la musica vale la pena di essere fatta; oltre al grigiore e allo squallore , nella vita ci sono anche le cose belle.

Giampaolo Botti

SUONI E ARMONIE 2014

Sala colma durante gli appuntamenti di Suoni e Armonie svoltisi la scorsa settimana.

Bravissimi i piccoli allievi che con le loro esibizioni e vestiti a tutto punto, hanno affrontato chi più chi meno spavaldamente la

la signora Riva al saggio con i bambini

salita della scaletta che porta dritta al pianoforte (gigantesco per loro). Anche i più timidi hanno superato la prova del pubblico grazie soprattutto alla simpatica Signora Riva che da anni è presente per condurre la serata. Con fantasia e garbo riesce sempre a spezzare l’atmosfera di ghiaccio iniziale e infondere un senso di festa , quest’anno arricchita ulteriormente da una sua improvvisata esibizione canora. E’ giunta poi la parte riservata ai corsi medi e superiori, ragazzi in giovane età mettersi alla prova con brani del repertorio pianistico, come valzer di Chopin, Notturni, Polacche, Preludi, Granados, Beethoven, Schubert, Bach…con i quali si è potuto notare il progresso tecnico, musicale e il percorso svolto dai giovani durante il corso dei loro studi.

 

Autografo del I improvviso di F. Schubert

 

Venerdi 23 il recital pianistico dedicato a Schubert, Schumann e Chopin con un’unica eccezione: la ballata in sol minore op. 118 di Brahms. Mattia Colnago, Alessandro Maffi, Stefano Colombi, Francesco Furore e Marco Grassi al pianoforte per circa 45 minuti con brani celebri di questi autori, fra cui gli improvvisi dell’op. 90 e 142 di Schubert, i notturni in Re bemolle op.27 e in Fa maggiore op.15, la polacca in Fa # minore op. 44 di Chopin.

 

 

Nella seconda parte del concerto è intervenuto Stefano Donatelli, che ancora una volta dopo il successo dello scorso anno, sempre a Suoni e Armonie, riconferma la sua abilità lasciando intravedere la tenacia con cui affronta lo studio dei brani del repertorio pianistico    più insidioso.

Clara Wieck e Robert Schumann

Stavolta erano gli Studi Sinfonici op. 13 di Schumann ad essere interpretati; un tema in Do # minore seguito da 11 studi (variazioni) e il finale.

Come sempre non sembrano esserci esitazioni, tutto ben detto e chiaro, dai pesanti accordi con gli accenti ritmici “sfasati”, al canone di ottave e accordi; tutto quanto di particolareggiato e indicato sullo spartito, tutto quanto rende difficoltosa la realizzazione di un passo e la complessità del gioco fra le due mani tipico della scrittura di Schumann. Ogni studio riportato all’uditorio, evidenziando la sorpresa e la colorita differenza che Schumann pone da una variazione all’altra. Sorpresa che ha raggiunto il punto più alto nel gran finale, una conclusione tutta alla “Davidsblundler” col tipico slancio eroico che caratterizza spesso i finali come il Carnaval e altro. Dopo il susseguirsi ininterrotto di tutti gli studi Sinfonici ber oltre 25 minuti di musica, la sala pressochè colma con il pubblico catalizzato, esplode in applausi ripetuti costringendo Stefano Donatelli a rientrare più volte.

Giampaolo Botti