L’organo Serassi di Palosco, uno strumento di inestimabile valore storico e artistico

L’organo Serassi della nostra Parrocchia

Da qualche settimana il particolare suono che corre fra le arcate della chiesa, pervade lo spazio di echi nitidi e antichi che salgono da lontano e si perdono nel tempo.

Quanto e quale tempo, non ci è dato di sapere se non fino a quando l’agostiniano Donato Calvi nel 1676 annotava nelle sue Effemeridi (cronache degli eventi relgiosi e civili in terra bergamasca) che la Chiesa: “ Hà organo bellissimo”. Ma per presumere l’origine in tempi ancora più antichi dell’organo basti leggere (sempre in questo documento del Calvi conservato nella Biblioteca di Bergamo) dove si descrive la chiesa: “…vi è una pietra dove è scritto l’anno 1444 che si giudica il principio suo”. Quindi molto probabilmente esisteva già da tempo un organo molto bello di concezione rinascimentale adatto alla polifonia e allo stile compositivo dell’epoca. Nel 1763 vi furono importanti e radicali lavori di ampliamento della Chiesa e l’asse direzionale venne rovesciato. Venne quindi spostato l’altare, il coro, e una decina d’anni più tardi, con l’insediamento nel 1772 del nuovo arciprete, si pensò di spostare anche le sagrestie compreso l’organo.

Il nuovo parroco Rev. Federico Rossa descritto come uomo dottissimo, convocava i membri della fabbrica della Chiesa e, come attesta un documento del 5 novembre 1775, appare urgente e necessario attuare i lavori di spostamento causa: “ il notabile deterioramento de’ paramenti sacerdotali essendo la vecchia sacristia esposta all’aria tramontana che rende del tutto umida detta sacristia….anco l’Organo qual per essere pure esposto all’aria tramontana, occorrendo farlo aggiustare si devono fare frequenti e non indifferenti spese….” e quindi il tutto venne spostato da nord a sud-est “verso mattina”.

Di questo organo poco o nulla si sa, non si hanno notizie, è risaputo però fra gli esperti che in quel periodo la pregiatissima tradizione organaria lombarda e soprattutto bergamasca rappresentata in tutta Italia in modo eccelso dalla ditta dei fratelli Serassi, si ispirava oltre che al proprio originale e rinomato metodo di costruzione, anche al modello del grande organo con due tastiere costruito da un organaro fiammingo per il Duomo di Como.

Di certo si sa che nell’anno 1789, il destino volle che a Palosco i parrocchiani aderissero con entusiasmo alla proposta del Rev. Federico Rossa : “…. li 9 ottobre 1789 resti accordato di fare l’organo a tutta perfezione a giudizio dei periti, anzi fu ordinato dalli Signori Deputati della veneranda fabbrica e Luoghi Pii da essere fatto dal Sig. Giuseppe Serazzi da Bergamo….il prezzo resta accordato in lire nove milla 9000 correnti…”

Fu così che nella Pasqua del 1794 fu posto in opera il nuovo organo con due tastiere, 1518 canne, e 37 registri (i registri sono le diverse voci o strumenti dell’organo: trombe, corni, viole, ripieni, ottavini, voce umana ecc…) e come se non fosse bastato, sempre in quell’anno il consiglio di amministrazione deliberava: “Volendosi fare, anzi desiderando e volendo assolutamente una opera assai magnifica che superi tutti gli organi del Bergamasco e del Bresciano si accrescerà l’organo….” . Alla fine l’organo fu dotato di 2070 canne, i registri quasi raddoppiati da 37 a 61, e il costo maggiorato di 4850 lire.

Il nostro organo durante la manutenzione di quest’anno

Nel corso del 1800 l’organo venne sottoposto solo a qualche intervento di ordinaria manutenzione ma nel 1904 a seguito dei nuovi ampliamenti della Chiesa, l’organo venne smontato e nuovamente spostato per essere posizionato in alto a sinistra dove si trova tutt’ora. Questa operazione fatta per mano della ditta Diego Porro di Brescia richiese anche la necessità di apportare delle modifiche strutturali. L’organo subì dunque delle modifiche dettate dalle nuove esigenze liturgiche ma anche per essere adattato al nuovo spazio. Di queste modifiche ancora oggi se ne possono vedere i segni: se si guarda per esempio all’interno dell’organo si possono notare delle grosse canne le cui sommità furono e son rimaste piegate a 90 gradi perché troppo alte. Altre modifiche riguardarono alcuni registri che vennero aboliti perché proibiti da Pio X in seguito alla Riforma Ceciliana. Purtroppo nel corso degli anni questo originalissimo strumento venne deturpato, impoverito di molte canne (forse anche asportate per altre destinazioni o per altri usi). Così pesantemente manomesso e anche gravemente ridotto a soli 37 registri rispetto ai 61, venne lasciato per incuranza in balia degli agenti rovinosi del tempo.

Un intervento radicale e decisivo che previde la rimessa a nuovo e il restauro completo dell’organo venne attuato nel 1997 da Don Alfonso Lupezza. Artefice del restauro fu l’Antica Ditta Organara del Cav. Emilio Piccinelli e figli, successori degli organari Bossi e continuatori della scuola Serassi. Don Alfonso oltre che ad aver capito l’importanza del restauro ebbe anche l’accurata premura di scegliere e incaricare i Piccinelli appunto, che ancora oggi sono uno dei pochi esempi dell’Antica Arte Orgnaria bergamasca. Costruttori e restauratori in attività, sono gli eredi diretti dei Bossi e dei Serassi, infatti il loro laboratorio conserva ancora le attrezzature antiche di queste famiglie. Furono anche i primi in Italia a restaurare gli antichi organi secondo i criteri storici dovuti. E’ importante ribadire questa cosa perchè, allo stato in cui era ormai ridotto l’organo, il compito di riportarlo agli antichi e soprattutto “originali” splendori non fu certo facile.

 

Un meticoloso lavoro di ricerca, di intuizione (propria solo agli esperti) e comprensione di com’era l’antica struttura in origine, venne affrontato ed egregiamente risolto. I tempi furono lunghi, l’organo venne smontato completamente, canna per canna, insieme a tutte le migliaia di componenti e portato “a pezzi” in laboratorio. Io stesso seguii i lavori e notai che ogni minimo particolare assolutamente normale ai miei occhi, era invece sotto lo sguardo esperto dei Piccinelli, fonte di rivelazione per la ricostruzione sia storica che di fattura dello strumento antico. Le canne esistenti e

La consolle

mancanti, i fori aperti e tappati nei somieri (i somieri sono le tavole dove sono infilate le canne), i mantici, le trasmissioni, la catenacciatura (è il complesso sistema meccanico che permette di aprire le valvole dell’aria abbassando i tasti) le aggiunte, tutto quanto, fu indice importante per la ricostruzione originale. Il lavoro durò parecchi mesi sotto il controllo severo e il benestare della Sovrintendenza alle Belle Arti fino a quando, riparata e ricostruita ogni parte, venne riportato a Palosco e rimontato nell’apposito vano in Chiesa.

Tutto com’era in origine, e tutto funzionante, persino la grossa manovella per gli eroici levamantici, che con fatiche non indifferenti dovevano produrre l’aria destinata alle canne durante le funzioni liturgiche, in tempi remoti quando ancora non esisteva la corrente elettrica. Anche questa funziona ancora, l’unica difficoltà oggi sarebbe quella di trovare degli altrettanto eroici levamantici.

Negli archivi della Chiesa sono conservati anche dei documenti che riportano i contratti con gli organisti, per suonare l’organo durante la liturgia dell’anno. Già nel 1798, quattro anni dalla posa dell’organo veniva incaricato il Sign. Arcaini Francesco di Bolgare di suonare alle funzioni religiose per lire 457 annue. Un’altro documento è del 1807 nel quale si assume il Sig. Vicini Francesco di Calcinate per lire 300 annue. Questo organista avrà in seguito (circa vent’anni dopo) l’ incarico a vita. Nel 1876 il Sig. Chiari Antonio di Mornico per lire 220 annue. Un particolare significativo indice di cura, è che oltre alla mansione di organista, avevano anche il compito di “tener curato l’organo” ed erano responsabili di “comunicare tempestivamente all’Amministrazione eventuali rotture per poter procedere alla riparazione”.

Per quanto riguarda quel che è stata la “nostra” storia in tempi più recenti, è doveroso menzionare chi ha contribuito ad illuminare con il suo suono la liturgia per quasi una vita intera, anche in periodi critici o durante l’avvento della guerra. Due nomi di Palosco balzano subito alla mente: Belometti Angelo e il compianto Gianni Marchetti.

Angelo Belometti

Era il 1936, Belometti Angelo era ancora bambino quando Don Cavagnari al quale serviva un organista, lo sentì a suonare su di un vecchio pianoforte. Decise allora di sovvenzionargli una scuola di organo a Bergamo in modo che imparasse presto e giustamente. Nel 1939, Angelo che aveva 12 anni, era già sulla cantoria dell’organo ad accompagnare i canti delle messe. Il vecchio organista, impiegato alle poste di Mornico, che tutte le mattine attraversava il torrente Cherio con la sua bicicletta per raggiungere la Chiesa e suonare il primo ufficio, data l’età non aspettava altro che qualcuno lo sostituisse. Fu così che dopo poco tempo Angelo passò con giusto diritto ad essere l’organista ufficiale della Parrocchia. Nel 1954 dovette trasferirsi per ragioni di lavoro e lasciò l’incarico a Gianni Marchetti. Ristabilitosi poi a Palosco nel 1960 riprese l’attività di organista. Il Gianni (così chiamato da tutti) aveva frequentato la scuola di musica all’Istituto dei ciechi di Milano durante l’adolescenza , ma erano “tempi stretti” e dopo qualche anno dovette lasciare l’istituto e rientrare in Palosco per aiutare la famiglia. Le difficoltà non gli impedirono però di svolgere la sua attività musicale, e uno dei suoi impegni principali fu suonare l’organo, impegno che dal 1954 mantenne per tutta la vita.

Gianni Marchetti

 

Certo, in quegli anni l’organo era in cattivo stato, e fatto salvo uno o due interventi di pulitura o rimpiazzo generico di alcune canne mediocremente riuscito, non poté che svolgere solo la funzione di accompagnamento ai canti con una varietà di registri molto limitata. Ben diverso invece, quando dopo il già citato restauro del 1997, Don Alfonso si premurò di inaugurare la rinascita dell’organo in tutta la sua magnificenza con un concerto che si potrebbe citare “storico” per Palosco, tenuto dal grande organista Giancarlo Parodi già Professore Emerito di Organo Principale al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma e organista noto in tutto il mondo. Dopo di che, ancora alcuni concerti vennero organizzati in occasione dell’importante “ Rassegna organistica su organi storici di Bergamo” nella quale il nostro organo ha potuto entrare a far parte solo dopo aver riacquistato tutti i requisiti storici e filologici grazie al certosino restauro.

Recentemente uno storico dell’arte organaria che da diversi anni sta svolgendo un intenso lavoro di ricerca sugli organi antichi di elevato valore artistico e storico, è giunto al nostro organo con singolare interesse, l’organo Serassi di Palosco, perchè ritenuto (cito testuali parole) per diverse particolarità di componenti e di costruzione un “pezzo assolutamente unico in Italia”.

Nei prossimi mesi verrà pubblicato il lavoro di ricerca di questo storico, in un libro dove verrà descritto fra gli altri anche il nostro organo.

Purtroppo la documentazione che potrebbe chiarire ulteriormente e definitivamente l’origine dell’organo è molto limitata e difficilmente recuperabile, le poche informazioni qui descritte sono rintracciabili in alcuni documenti depositati nell’archivio della Chiesa e nella Biblioteca di Bergamo e che grazie al lavoro di Padre Giacomo Mazzotti, tempo fa sono stati riordinati e di cui egli stesso scrive nei suoi libri su Palosco.

Don Marco comprendendo prontamente l’importanza di questo prezioso oggetto d’arte d’inestimabile valore, ha voluto e provveduto alla manutenzione, che nel periodo di Pasqua è stata appropriatamente affidata ai già citati organari Piccinelli.

È bello pensare che quando in chiesa si partecipa passivamente e forse con un po’ di disattenzione ai canti, come cosa scontata ed abituale, il suono che si diffonde invece, ha un fascino particolare, racconta tante storie, della nostra storia, della storia di Palosco, un suono che ha accompagnato e continua ad accompagnare spiritualmente tutti coloro che lo hanno ascoltato dai tempi più remoti ad oggi.

In Chiesa, rivolgendo lo sguardo in alto a sinistra, si pensi che sul retro della canna più alta di facciata dell’organo, è graffitta un iscrizione autografa :“costruito dai Fratelli Serassi di Bergamo” con la data “1794”.

Nella Pasqua appena trascorsa, come la Pasqua di 224 anni fa quando venne posato l’organo, quell’antica voce ha nuovamente ricominciato il suo canto.

Giampaolo Botti

Il concerto dedicato a Ermanno Olmi per il quarantesimo de “L’albero degli Zoccoli”

Dopo i saggi e i concerti della rassegna Suoni e Armonie, si è tenuto il concerto celebrativo per il quarantesimo anniversario del film “l’Albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi.

La manifestazione durata qualche giorno è stata organizzata dall’Assessorato alla Cultura di Palosco che ha provveduto a montare una tensostruttura in Piazza Manzoni adibita appositamente allo svolgimento dei vari eventi in programma.

In scena, la sera del 18 maggio era un cospicuo numero di persone tra strumentisti, cantante, coristi, narratori.

Oltre agli strumentisti dell’Associazione Studyart, protagonisti i bambini delle scuole elementari, i ragazzi della scuola media accuratamente selezionati e un gruppo di adulti facenti parte dell’Associazione Gaia.

La scena suggestiva ha coinvolto il pubblico numeroso presente nella sala illuminata solo da un grande schermo posto che faceva da sfondo al palco dove sono state proiettate immagini di luoghi storici, di personaggi religiosi e dell’arte, di dipinti evocativi e diversi momenti del film di Olmi (da poco scomparso), per l’intera durata del concerto.

Un alternarsi di brani recitati tratti dalla Bibbia, frammenti di Manzoni, Rigoni Stern, e musica sacra, pezzi solistici per pianoforte, brani popolari cantati dal solista e dai cori, per quasi due ore nel continuo scorrere delle immagini.

Fra gli strumentisti, Stefano Donatelli, Francesco Forlani, Alessandro Maffi, Mario Martina, Abele Martina, Marco Grassi, Giampaolo Botti. La voce solista: Elisabetta Martinelli e le voci recitanti: Domenico Piccione e Marco Grassi.

Una serata celebrativa per Ermanno Olmi tutta all’insegna del sacro e del profano mettendo in luce i valori spirituali e l’amore profondo per il Creato e la terra d’origine che hanno contraddistinto per tutta la vita, il pensiero e il mondo artstico del Maestro.

Da quando, nel lontano 1978, il grande regista scelse questi luoghi, per girare le scene principali e più belle del film ritenuto una pietra miliare della storia cinematografica, è estremamente significativo per la gente di Palosco rivivere quei momenti intensi e quei ricordi emozionanti quali solo un grande come Ermanno Olmi ha potuto lasciare.

Questo è quel che il concerto ha cercato di ricreare.